ovvero
La vera origine della Piramide del Louvre.

di Paola D'Ignazi

C'era una volta una bambina che non sapeva di essere una principessa.
La piccola, infatti, era la figlia che il Re e la Regina di Francia avevano tanto atteso, per lungo tempo. La principessa, però, era nata lo stesso giorno in cui era venuta alla luce anche la figlia di un negromante: un mostriciattolo orribile, brutto e già cattivo come il padre, che con un sortilegio, era stata trasformata nella copia esatta della principessa e scambiata nella culla, mentre lei, la figlia del re, era stata rinchiusa in una torre piena di libri.
Nessuno si accorse dello scambio e del rapimento della piccina, a eccezione della sua fata custode, alla quale però nessuno volle credere.
La bambina così crebbe con la sola compagnia dei libri, leggendo giorno e notte di meravigliose avventure in paesi fantastici, chiedendosi se mai li avrebbe visitati.
La principessa cresceva così dolce e carina da riuscire intenerire persino il negromante che un giorno, avendo trovato per caso nel suo giardino una gattina argentata, pensò di regalarla alla bambina perché le facesse compagnia nella torre.
La gattina però non era un gatto come gli altri: era una gattina fatata che sapeva parlare.
Un bel dì la gattina, che gironzolava sempre per la torre, vide che il negromante aveva lasciato la porta aperta e di corsa andò ad avvertire la principessa: "Vieni, usciamo di qui, non avremo altre occasioni!"
La principessa prese con sé il suo libro preferito, l'acciarino magico del negromante e fuggì con la gattina.
La torre si trovava nel mezzo di una foresta incantata.
Camminando videro alcuni fiori strani, simili a batuffoli. La gattina disse alla principessa di raccoglierne un paio e di metterli in una borsa.
A poco a poco scese la sera nel bosco, la principessa cominciava ad essere stanca. Ma la gattina le disse: "Non ti fermare. Il negromante si è accorto della nostra fuga ed è furioso. Sta cercando in tutti i modi di riportarci indietro, aspetta solo che il calare della notte arrivi in suo soccorso: metti i fiori che hai raccolto nelle orecchie, così non sentirai la sua voce oscura e non cadrai nei tranelli che ci tenderà."
La principessa così fece, non udì la voce che la chiamava e camminò senza voltarsi mai, fino a quando non arrivarono in una radura, dove era una capanna.
La gattina vi si diresse decisa e fece segno alla principessa di togliersi i batuffoli dalle orecchie e di bussare alla porta. Venne ad aprire una vecchina. "Oh nonnina, vi prego fateci la carità di ospitarci per questa sera, abbiamo camminato tanto io e la mia gatta, e siamo così stanche."
"Ma certo bambina mia", disse la nonnina facendola entrare. "Dividerete con me la mia povera tavola" e mise a tavola un chicco di riso e una mollica di pane.
La principessa rimase sconcertata. Ma la nonna era una fata molto potente: fece strani segni nell'aria e la mollica cominciò a lievitare e a trasformarsi: crebbe e diventò prima un tortellino, poi un raviolo, quindi una quiche e alla fine un timballo. Poi fu la volta del chicco di riso che si trasformò prima in una ciliegia, poi in una mela, poi in un'arancia così dolce e profumata come la principessa non ne aveva mai né viste né mangiate.
Quella notte la principessa e la gattina dormirono profondamente: in effetti non avevano mai avuto una giornata tanto movimentata in tutta loro vita. La mattina dopo la principessa salutò molto affettuosamente la nonnina e si incamminò di nuovo con la sua gatta.
Cammima cammina, arrivarono a Parigi: la principessa la riconobbe perché aveva visto tante immagini nei suoi libri. Era ormai notte. La gattina disse alla principessa: "Abbiamo bisogno di una posto dove stare. Accendi l'acciarino del negromante ed esprimi un desiderio ma ricorda di fare in fretta, perché l'acciarino si consuma molto rapidamente."

La principessa che era stata tutta la vita chiusa in una torre, ci rifletté un pochino. E le tornarono in mente tutte le meravigliose storie dei paesi lontani che aveva letto nei libri in tutti quegli anni che aveva trascorso chiusa nella torre. Poi accese l'acciarino ed espresse rapida il suo desiderio: vorrei una casa di cristallo, piena di luce e di colori, bella come una piramide. E così per magia, nel giardino del Louvre si materializzò una casa di cristallo fatata, che permetteva a chi era all'interno di vedere fuori ma che dall'esterno invece sembrava vuota.
Immaginate quale fu la sorpresa del Re e della Regina quando, il mattino dopo, dalla finestra videro nel loro giardino quella strana casa vuota. Mandarono un servitore, e quando vide questa bambina identica alla principessa, subito la portò al cospetto dei sovrani. I quali quando la videro attraversare il salone, seguita sempre dalla sua gattina argentata, ammutolirono, perché era del tutto identica a loro figlia, se non fosse che la bambina sconosciuta era gentile e garbata nei modi.
"Che malefizio è mai questo?" mormorò quasi senza voce il Re. "Andate a chiamare mia figlia, presto" ordinò.
La Regina non parlava: il suo sguardo si posava sulla bambina, poi sulla gatta, per tornare di nuovo sulla bambina, e piano piano cominciò a capire il perché di tante cose che in tutti quegli anni l'avevano tanto addolorata. Il suo più grande cruccio, infatti, era sua figlia, così bella nei lineamenti ma così sgarbata e cattiva d'animo.
Finalmente arrivò davanti ai sovrani quella che credevano fosse la vera principessa, la quale con la sua vocina stridula e sempre troppo alta chiese: "Che c'è?" ma accortasi della bambina disse: "Chi è questa? Ah, sei quella che abita nella casa di cristallo: babbo fatela uccidere, così io andrò nella nuova casa nel nostro giardino!"
Fu allora che accadde un altro fatto straordinario. La gattina argentata fece una mezza piroetta su se stessa e si trasformò nella fata custode della principessa. Prese la sua bacchetta magica e la mosse nell'aria, prima sulla testa della vera principessa e poi sulla testa della figlia del negromante, spezzando l'incantesimo che era stato fatto il giorno della loro nascita.

La figlia del negromante, riassunto il suo aspetto orribile fuggì dal palazzo urlando, e i sovrani finalmente poterono riabbracciare la loro bambina. Fu organizzata un grande ricevimento a palazzo e si fece festa in tutto il paese. E tutti vissero per sempre felici e contenti.

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che ho detto la mia.